Storia del Raku
Il raku è una tecnica di origine giapponese, nata in sintonia con lo spirito zen, in grado di esaltare l’armonia delle piccole cose, trovando la bellezza nella semplicità e naturalezza delle forme. L’origine del raku è legata alla cerimonia del tè: un rito, realizzato con oggetti poveri, incentrato sulla tazza che gli ospiti si scambiavano. Le sue dimensioni erano tali da poter essere contenuta nel palmo della mano.
L’invenzione della tecnica raku è attribuita a un artigiano coreano addetto alla produzione di tegole dell’epoca Momoyama (XVI secolo d.C.), Chojiro, che la sviluppò per facilitare la fabbricazione delle ciotole per la cerimonia del tè (e il suo mecenate fu Sen no Rikyu, era un maestro di questa cerimonia). Il termine giapponese raku significa “comodo, rilassato, piacevole, gioia di vivere”, e deriva dal sobborgo di Kyōto nel quale era estratta l’argilla nel sedicesimo secolo. Da quel momento divenne anche il cognome e il sigillo della stirpe di ceramisti discendente da Chojiro, tuttora attiva in Giappone. Nel diciottesimo secolo un manuale ne spiegava la tecnica in dettaglio, e da allora il raku si diffuse anche fuori del Giappone. Le ceramiche raku sono molto quotate e ricercate. Molte di queste sono delle vere e proprie opere d’arte e possono essere ammirate in musei e collezioni private.
La Tecnica
La tecnica raku fu introdotta recentemente nel mondo occidentale che ne stravolse i principi fondamentali. L’effetto decorativo, con riflessi metallici e la cavillatura (la singolarità del processo) durante il quale l’oggetto è estratto incandescente dal forno (cottura a 1000°), ne fanno una tecnica estremamente originale, che stravolge il metodo classico. Durante il processo raku il pezzo subisce un forte shock termico: è quindi necessario utilizzare un’argilla robusta e refrattaria. Questo tipo di materiale possiede al suo interno granelli di sabbia, chiamati chamotte, che ne diminuiscono la contrazione, evitando così le fratture dovute alle alte temperature.
Il pezzo in argilla refrattaria bianca, dopo esser stato modellato, è cotto una prima volta a 950-1000 °C; successivamente avviene la decorazione. In questa tecnica si utilizzano ossidi o smalti; per avere una colorazione verde, ad esempio, non si utilizzano pigmenti di quel colore, ma l’ossido di rame.
L’anima del raku è il contatto con la materia, con gli elementi, terra – acqua – aria – fuoco.
Ci troviamo quindi davanti a oggetti unici, irripetibili, come natura crea.
Per vedere tutte le opere della ceramista Marina Rizzelli realizzate con questa tecnica puoi trovarle nella sezione ceramica delle opere.